Siamo davvero capaci di rispettare noi stessi?
A questa domanda molti non sanno rispondere. Siamo abituati a chiedere e pretendere rispetto dagli altri, senza renderci conto che se non siamo noi i primi a rispettarci, difficilmente lo faranno gli altri. Di solito siamo noi stessi i primi a non portarci rispetto, e non ce ne rendiamo conto. Lo facciamo in tantissimi modi. Non possiamo controllare gli altri, ma possiamo decidere come vogliamo essere trattati e come vogliamo trattare noi stessi.
Ad esempio ogni volta che facciamo qualcosa che non ci andrebbe davvero di fare (tralasciando il lavoro e altre azioni che dobbiamo necessariamente compiere) ma per qualche motivo forziamo la nostra natura. Magari per piacere agli altri, per non deludere. Per soddisfare qualche nostro bisogno, di cui il più delle volte non siamo a conoscenza. Molti di noi hanno poi la tendenza a non sentirsi mai abbastanza, a vivere di imposizioni, a sobbarcarsi di “devo”, nei quali non si rispettano. Chi è troppo severo con se stesso in realtà non si conosce molto e rischia di perdere se stesso incasellandosi nei doverismi. Ed è convinto così di rispettare se stesso.
Come facciamo quindi a capire come rispettarci davvero?
Semplicemente, ascoltandoci. Che poi tanto semplice non è, anzi, forse è una delle cose più difficili. Ascoltare le nostre emozioni, chiederci cosa ci piace o non ci piace davvero, questo è il primo passo. Il secondo è capire cosa ci stanno dicendo queste emozioni, e dove ci portano. Se capisco cosa mi sta dicendo la rabbia e decido come comportarmi di conseguenza, mi sto rispettando. Sto rispettando la mia emozione, il mio sentire e sto legittimando il mio comportamento, nel mio confine e nel rispetto sempre dell’altro. Ci rispettiamo quando ascoltiamo i nostri bisogni ed iniziamo a domandarci: quello che faccio mi piace? E se non mi piace cosa mi porta a farlo?
Un altro modo in cui non ci rispettiamo è quando ci giudichiamo. Siamo spesso i peggiori nemici di noi stessi, dai commenti alle offese gratuite che ci regaliamo.
Giudicarci ci allontana da un possibile cambiamento. Se invece che dirci: “che idiota sono stato/a”, imparassimo ad ascoltarci davvero e a dirci: è vero, forse questa volta ho sbagliato. Cosa mi ha portato a comportarmi così? Come posso comportarmi la prossima volta per stare meglio con me stesso/a?
Ascoltarci, invece che giudicarci, ci permette di rispettarci e ci apre le porte ad un eventuale cambiamento.
D’altronde, “solo accettandoci per come siamo possiamo cambiare” diceva Rogers e l’accettazione è il più bel rispetto che possiamo portare a noi stessi.
Accettazione, che non è autoindulgenza, ma l’inizio di un cambiamento duraturo.
Margherita Verlato