“Nella commedia di Molière, “Il borghese gentiluomo” Monsieur Jourdain vuole scrivere alla sua amata un billet doux e chiede per questo l’aiuto del suo precettore. Questi vorrebbe prima di tutto sapere se il biglietto deve essere scritto in prosa o in versi. Dapprima Monsieur Jourdain scarta entrambe le possibilità; ma quando gli viene spiegato che non ne esiste una terza, fatica a riprendersi dallo stupore nell’apprendere di aver parlato per quarant’anni in prosa senza saperlo.“-
(Tratto dall’introduzione al libro “Il linguaggio del cambiamento” di Paul Watzlawick)
Esiste un tipo di linguaggio, come ci dice Watzlawick, che non è appannaggio di pochi.
E’ un linguaggio che tutti conosciamo, senza esserne consapevoli, un po’ come accade a Monsieur Jourdain.
E’ quel genere di linguaggio già conosciuto dagli antichi greci, pensiamo alla retorica, ma non solo.
E’ il linguaggio che “presta attenzione”, quello che ci porta a conoscenza del mondo dell’altro, così come lui/lei lo vede, senza l’intervento di nostri giudizi o pregiudizi. Come ci dice l’autore, è un linguaggio che non è solo ed esclusivamente della terapia, lo possiamo riscontrare nell’arte in ogni sua forma, nella letteratura, nella musica.
Un particolare linguaggio che ci permette di arrivare all’esplorazione del nostro sentire più profondo, senza passare dalle interpretazioni.
Tutti utilizziamo due generi di linguaggio: uno più analitico, formale, logico che parte dall’emisfero sinistro del nostro cervello, è quella parte di noi che “non ci permette di vedere il bosco a causa degli alberi”; e c’è un linguaggio che parte dalle immagini, dalle metafore, dalle frasi evocative di una poesia, di un profumo, di un suono, è quella parte di noi che “non ci fa vedere gli alberi a causa del bosco”, quella parte che ci permette di riconoscere una persona da un minimo particolare, é questo il linguaggio al quale dovremmo attingere per entrare nel mondo dell’altro, senza filtri di pensieri logici, analitici, interpretativi.
Per quale motivo? Ci può esser utile una frase famosa di Epitteto “Non le cose stesse ci disturbano, bensì le opinioni che noi abbiamo delle cose”.
Quando ci chiedono “che cos’è il counseling?”. Counseling “è questa cosa qua”.
Accompagnare l’altro/a in un percorso che non dia adito ad interpretazioni; è un incontro tra due persone dove, il professionista rimane accanto per esplorare insieme le risorse alle quali la persona può attingere per trovare la necessaria forza od energia che gli/le permetta di fare un piccolo passo verso il cambiamento.
G.L.