Ogni lunedì faccio un riepilogo delle cose belle che mi sono state regalata dalla settimana scorsa.
Una parola riecheggia nella mia memoria: Pandora! La bellissima donna che aprì il vaso da cui uscirono tutti i mali del mondo. Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza (Elpis), la quale non fece in tempo ad allontanarsi, prima che il vaso venisse chiuso di nuovo.
Ho incontrato questo mito greco due volte negli scorsi giorni!
La prima in un podcast di Pablo Trincia, un eccellente giornalista. Lui ama raccontare storie, scova i personaggi, li raggiunge in capo al mondo per intervistarli. E’ davvero un ricerca-storia, forse è più appropriato. Qui la puntata. Suoi podcast famosissimi sono Veleno, Buio, La Mano di Dio. Dove nessuna guarda. L’intervistatore gli chiede come mai è ispirato da storie drammatiche e difficili e se è attratto dal dolore. Pablo, risponde, che non è il dolore ad attirarlo, ma le storie in cui in fondo, rimane comunque una piccolissima luce di SPERANZA.
Anche minima, ma che si possa intravedere.
La seconda volta che ho riconosciuto PANDORA è stato durante il bellissimo spettacolo teatrale a cui ho assistito Venerdì sera, della compagnia teatrale Ad Punctum, Lo spettacolo racconta di Ipazia di Alessandria di Egitto e della sua storia, creando un parallelo con la violenza sulle donne nella nostra epoca. Gli attori interpretano il dramma di un assalto e poi omicidio, da parte di un uomo nei confronti di una giovane donna. La loro bravura cattura e trasporta all’interno della scena.
Il terrore ancestrale che prova un essere più debole quando incontra un predatore più forte. La paralisi che abbiamo provato ci ha fatto comprendere appieno il dramma di incontrare sulla propria strada uno spietato aggressore e ritrovarlo poi, in alcuni casi, anche seduto sul divano del salotto.
Lo spettacolo è stato finanziato da differenti realtà, tra cui anche il TELEFONO ROSA DI VERONA. Le difficoltà delle donne vittime di violenza a denunciare il loro carnefice sono ben note. Il terrore paralizzante in cui vivono mi ha colpito come un pugno nello stomaco.
Quando si sono accese le luci, ho guardato le molte donne sedute intorno a me: una cara amica di lunga data al mio fianco, mia figlia giovane adolescente di belle speranze, LA MAESTRA della scuola d’infanzia di entrambe le mie ragazze. Tutte ci siamo guardate e riconosciute. I nostri occhi arrossati e gonfi di pianto ci comunicavano che non siamo sole, che ci capiamo, che ci aiuteremo. Uno sguardo, un abbraccio, una spalla, un colloquio intimo e profondo, unione che fa più forza.
Questo forse è la speranza che si intravede giù in fondo in fondo, nel buio di queste giornate così tristi.
Tiriamo su la testa e guardiamoci intorno, vedremo tante altre persone che nonostante tutto hanno ancora negli occhi la luce della speranza. E tu, Pandora, custodisci quello che è rimasto nel vaso con cura.