“Una sola parola, logora, ma che brilla, come una vecchia moneta: Grazie!”
Pablo Neruda
Mi interrogavo in questi giorni sul significato, apparentemente scontato, della parola “grazie”, e sul senso della gratitudine.
Fin da bambina ho imparato, come credo la maggioranza di voi, a dire grazie dopo la famosa frase dei miei genitori: “ed ora cosa devi dire Margherita?”
Impariamo a ringraziare fin da piccoli, ed in breve diventa un automatismo a cui ci si abitua in fretta.
Ci siamo mai resi davvero conto di quanto tutti questi “grazie”, tutta la gratitudine che esprimiamo nei confronti degli altri, faccia bene anche a noi stessi? Siamo davvero in grado di essere grati non solo agli altri se ci fanno del bene, ma anche a noi stessi, alle piccole cose che ogni giorno ci accadono o siamo più propensi a guardare quello che “oggi è andato storto”?
Il counseling mi ha insegnato a dire grazie molto più spesso. Durante i nostri incontri di Piccoli Passi di Counseling, ringraziamo noi stessi, ringraziamo chi ha condiviso un po’ di sé con gli altri, ringraziamo il silenzio di qualcuno, o la semplice presenza di qualcun’altro. Ringraziamo anche chi non è d’accordo con noi, ed ha il coraggio di essere se stesso. Questo dire grazie spalanca le porte.
Impariamo a farlo nella nostra quotidianità. Sto provando un nuovo esercizio: ogni sera scrivo tre cose che mi sono successe durante la giornata a cui voglio essere grata. Non è facile, non è scontato, ma mi ricorda quanto benessere la gratitudine possa portare anche a noi stessi.