Il lavoro del counselor non è né semplice né immediato poiché la relazione d’aiuto, per prima cosa, richiede un lavoro su se stessi. Per accogliere l’altro è necessario prima di tutto imparare ad accogliere se stessi; per accompagnare l’altro nella scoperta di sé è fondamentale aver imparato a conoscere se stessi.
Nella nostra cassetta degli attrezzi, per poter svolgere al meglio questo mestiere, non può mancare la consapevolezza della nostra appartenenza culturale, che non è mai un concetto assoluto e valido per ogni nostro cliente. Essere profondamente consapevoli del nostro bagaglio culturale è il punto di partenza per sviluppare quella competenza multietnica e multiculturale che tenga conto e valorizzi la diversità dell’altro. Può capitare, infatti, di avere davanti a noi un cliente che appartiene ad un mondo culturale molto diverso dal nostro.
Questo mondo può essere molto differente dal nostro e può venire facile la tentazione di giudicare, di ritenere la nostra cultura superiore alla sua. Incontrare una persona che ha paradigmi valoriali molto diversi dai nostri può incutere timore, smarrimento, e paura di non riuscire a comunicare, di non essere efficaci come counselor.
Cosa fare dunque? Come possiamo entrare in punta di piedi in mondi tanto diversi dal nostro ed essere efficaci?
L’unica via, ancora una volta, è la consapevolezza di sé. Se siamo consapevoli della nostra profonda appartenenza culturale, dei nostri valori e credenze, allora possiamo evitare di identificarci totalmente con essi. Siamo in grado di mettere da parte, per un po’, le nostre idee. Siamo capaci di spogliarci momentaneamente dei nostri valori per poter ascoltare l’altro che racconta i suoi. Se non ci identifichiamo totalmente nelle nostre convinzioni, possiamo deporle a fianco a noi, per poi rimettercele addosso una volta ascoltato l’altro, magari arricchiti di qualche nuova riflessione. Arricchiti di qualche nuovo pensiero, di qualche domanda che non ci eravamo mai posti.
Per poter ascoltare e accogliere l’altro senza pregiudizi dobbiamo prestare attenzione al suo linguaggio, una cartina tornasole per comprendere come legge il mondo. Dobbiamo osservare la sua provenienza etnica ed esplorare i significati che ha questo per la persona, come il suo orientamento sessuale e il concetto che ha di spiritualità, dove spesso troviamo i suoi valori più profondi.
Per un counselor sperimentarsi con la diversità è un’esperienza formativa, creativa, che lo può portare a sviluppare un pensiero divergente, può arricchirlo interiormente in un modo unico, può permettergli di aprire gli occhi su mondi culturali e sociali molto differenti dal suo e variegati, può allargare i suoi orizzonti.
Come possiamo entrare, quindi, come counselor, nei mondi culturali degli altri, alle volte così diversi dal nostro?
L’unica risposta possibile, l’unico punto di partenza è che possiamo entrare nel mondo dell’altro solo se prima siamo entrati nel nostro.