Oggi voglio parlare di Counseling utilizzando queste tre parole:
Accettazione incondizionata dell’altro.
Sono termini forti, chiari, tra i primi che si sentono quando ci approcciamo al counseling.
Tenere fede a queste tre parole è una sfida continua. E’ sapere che non si è mai arrivati davvero, che il percorso è lungo ma che possiamo migliorarci ogni giorno.
Sono difficili, tutte e tre.
Accettare, incondizionatamente, che l’altro sia quello che è, è un percorso arduo che facciamo con noi stessi.
A volte ci sembra più facile, in certe situazioni crediamo non sia difficile accettare gli altri, e forse è così.
Cosa succede però quando l’altro si comporta in modi per noi inconcepibili? Quando i suoi pensieri, il suo modo di vivere ci sembrano lontani anni luce dai nostri?
Diventa difficile ricordarsi queste parole, si arriva in fretta al giudizio e all’incomprensione. D’altronde, siamo umani, con i nostri bagagli e le nostre convinzioni.
La domanda è quindi: è possibile davvero un’accettazione incondizionata?
Io penso di sì. Spesso non accettiamo l’altro per paura che le nostre convinzioni, i nostri valori, vengano messi in pericolo.
Il counseling ci aiuta in questo poichè accettare l’altro non significa condividere il suo modo di vivere, i suoi credo, facendoli nostri o mettendo per forza in crisi i nostri.
Significa comprendere che alcuni valori hanno senso per lui, anche se non ne hanno per noi.
Significa avere l’umiltà di ricordarci che il nostro mondo valoriale non è l’unica via in questa esistenza.
Ultima riflessione: accompagnare l’altro accettandolo per quello che è non vuol dire non mettersi in discussione, non parlare delle differenze, ma migliorarsi reciprocamente e magari, chissà, crescere proprio nelle differenze.
Cambia però il nostro punto di partenza, l’umiltà con cui accettiamo che l’altro sia libero di essere se stesso.
Margherita Verlato counselor